Coronavirus: il protocollo sicurezza governo-parti sociali

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Sabato 14 marzo 2020 è stato firmato il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, finalizzato a permettere il proseguimento, in sicurezza, delle attività produttive nazionali.


 Redazione

Un documento di grande rilevanza, tenuto conto che non si può prevedere il termine del periodo emergenziale, per tutta la durata del quale le aziende dovranno adottare specifiche misure di sicurezza e di protezione dal rischio di contagio da coronavirus. Vale quindi la pena analizzare nel dettaglio tale “protocollo”.
Valore giuridico
Il protocollo è stato stipulato in attuazione dell’articolo 1 comma 1 numero 9) DPCM 11 marzo 2020, in relazione a possibili “intese tra organizzazioni datoriali e sindacali”, in riferimento ai numeri 7) e 8) del citato DPCM 11 marzo 2020.
Tali numeri 7) e 8), che riportiamo in modo integrale, si limitano a “raccomandare”.
 
Da un punto di vista strettamente giuridico, quindi, il protocollo costituisce l’esplicitazione di “raccomandazioni”, senza valore cogente. In tal senso, esso potrà essere applicato con la dovuta elasticità e adattandolo a ogni specifica realtà. Parimenti, ben difficilmente un ipotetico organo di vigilanza potrà comminare sanzioni, a meno di situazioni eclatanti, e comunque sempre con una certa “fantasia” giuridica.
Ovviamente, inutile dire che, a prescindere da ogni considerazione etica, peraltro doverosa, la prevenzione del contagio è un palese interesse anche aziendale.
Finalità
In premessa, il protocollo precisa che “La prosecuzione delle attività produttive può infatti avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione”. Ma, come detto, giuridicamente il protocollo rappresenta una “raccomandazione”.
Viene precisata la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali per permettere alle aziende di attuare il protocollo stesso.
Nell’attuazione del protocollo, si raccomanda il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali e degli RLS.
Il protocollo precisa che il proprio obiettivo è quello “di fornire indicazioni operative finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di COVID-19”, tenendo conto che tale virus “rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione”, con la conseguenza che il protocollo “contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria”, senza quindi configurare un “rischio lavorativo specifico”, tale da richiedere la revisione del Documento di Valutazione dei Rischi.
Vediamo ora nel dettaglio le 13 misure previste.
Informazione
Premesso che ben difficilmente qualcuno potrebbe “non essere informato” su questo tema, l’azienda deve “informare tutti i lavoratori e chiunque entri in azienda circa le disposizioni delle Autorità, consegnando e/o affiggendo all’ingresso e nei luoghi maggiormente visibili dei locali aziendali, appositi depliants informativi”.
Da parte mia, aggiungerei:
•    fornire a tutti i lavoratori una informativa generale sul coronavirus, e una informativa specifica sulle misure attuate dall’azienda, con firma di ricevuta;
•    a ogni visitatore, fornire le medesime informative, sempre con firma di ricevuta.
Modalità di ingresso in azienda
Il protocollo prevede la possibilità di misurare la febbre di ogni lavoratore in ingresso (e immagino di ogni visitatore): una misura che mi parrebbe preferibile evitare. Poco utile e con pesantissimi problemi di privacy.
Vedrei meglio, ogni giorno, far firmare a ogni lavoratore (e visitatore), per responsabilizzarlo, una autodichiarazione di non avere sintomi “simil-influenzali” e di non aver avuto, negli ultimi 14 giorni, contatti con soggetti positivi al coronavirus.
Modalità di accesso dei fornitori esterni
Le misure previste paiono ragionevoli e facilmente organizzabili, evitando qualsiasi reciproco “contatto ravvicinato”.
Pulizia e sanificazione in azienda
Oltre all’ovvia pulizia giornaliera, il protocollo prevede che le aziende debbano procedere a una “sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago”. Non viene definita la periodicità, per cui appare raccomandabile, in una ottica di cautela e di supporto psicologico ai lavoratori, di eseguire una sanificazione nei prossimi giorni, e poi valutare l’andamento dei fatti, e decidere di conseguenza.
Nel caso un lavoratore sia risultato, o risultasse, contagiato, appare necessario eseguire una sanificazione in accordo alle disposizioni della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute.
Precauzioni igieniche personali
In buona sostanza, i lavoratori devono lavare spesso le mani, e l’azienda deve mettere a disposizione il necessario.
Dispositivi di protezione individuali (DPI)
In buona sostanza se ne raccomanda l’uso qualora i lavoratori non possano mantenere la distanza di sicurezza di un metro.
Gestione spazi comuni (mensa, spogliatoi, aree fumatori, distributori di bevande e/o snack)
L’accesso a queste aree deve essere limitato e regolato, evitando affollamenti e mantenendo sempre la distanza di sicurezza. Deve essere prevista una intensificazione delle pulizie, e per queste aree “sensibili” appare ragionevole una sanificazione relativamente frequente, ad esempio ogni settimana.
Organizzazione aziendale (turnazione, trasferte e smart work, rimodulazione dei livelli produttivi)
Questo aspetto probabilmente è già stato valutata da tutte le aziende:
•    chiudere i reparti non indispensabili;
•    agevolare il lavoro a distanza;
•    suddividere i lavoratori in squadre indipendenti, che non si incontrano mai, per ridurre i rischi di contagio;
•    annullare viaggi, trasferte, riunioni, corsi etc.
Gestione entrata e uscita dei dipendenti
Per le piccole aziende, non dovrebbero esserci particolari problemi, mentre per le medio-grandi può essere necessaria qualche cautela in più:
•    scaglionare e diluire gli accessi e le uscite;
•    se possibile, riservare una porta per gli ingressi e una per le uscite.
Spostamenti interni, riunioni, eventi interni e formazione
Prevedere una riduzione della mobilità interna, evitando comunque affollamenti e “incroci” non necessari. Evitare inoltre riunioni e incontri, se non assolutamente necessari, e sempre a distanza di sicurezza, o in alternativa con l’uso di mascherine.
Riguardo al fatto che non sia possibile completare determinati percorsi formativi obbligatori per legge (le 16 ore di formazione, la formazione per carrellisti etc.), il protocollo prevede che “Il mancato completamento dell’aggiornamento della formazione professionale e/o abilitante entro i termini previsti per tutti i ruoli/funzioni aziendali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, dovuto all’emergenza in corso e quindi per causa di forza maggiore, non comporta l’impossibilità a continuare lo svolgimento dello specifico ruolo/funzione”.
Trattasi di una affermazione, a nostro parere, da maneggiare con molta cura. Essa pare voler dire: “Si possono far lavorare persone non formate in modo completo e adeguato, in deroga alle norme di legge”. Tuttavia, questo protocollo, come detto, non è una norma di legge, e non ha alcun potere di modificare altre norme di legge, che infatti si guarda bene dal citare.
In sintesi, il fatto di far lavorare persone “non completamente e adeguatamente formate” rimane a completo rischio e pericolo del datore di lavoro. Il protocollo non ha il potere di emanare alcuna deroga. Raccomandiamo quindi di far lavorare solo lavoratori formati in modo completo e adeguato: in caso di un loro ipotetico infortunio, in sede giudiziaria il protocollo non avrebbe alcun valore.
Gestione di una persona sintomatica in azienda
Si rimanda al protocollo per la gestione del caso, secondo la consueta procedura sanitaria.
Sorveglianza sanitaria/medico competente/RLS
Non vi sono particolari indicazioni.
Aggiornamento del protocollo di regolamentazione
Il protocollo prevede la costituzione di un “Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del RLS”. Non credo rappresenti un problema.
Conclusione
Nel complesso, il protocollo poco aggiunge a ciò che già si sapeva. Un insieme di regole di buon senso, che non dovrebbe essere difficile attuare, specie nelle medie e piccole aziende.

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