DPCM 11 Marzo 2020

In una incredibile accelerazione, eccoci a presentare il DPCM 11 marzo 2020 - Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale.

Tralasciando gli aspetti legati alla vita quotidiana, vogliamo focalizzarci sugli effetti legati alle attività produttive, di cui all’articolo 1 punti 7) e 8) del citato DPCM, che non sono soggette a un obbligo di “cessazione di attività”, quanto piuttosto a una serie di “raccomandazioni”. Nello specifico, viene “raccomandato” di:
•    utilizzare il più possibile il lavoro a distanza, o tele-lavoro;
•    ricorrere a periodi di ferie;
•    sospendere le attività “non indispensabili”;
•    assumere “protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale” (mascherine);
•    eseguire operazioni di sanificazione degli ambienti di lavoro;
•    limitare gli spostamenti all’interno delle aziende, “contingentando” l’accesso agli spazi comuni (mensa, spogliatoi etc..

In pratica
Per le aziende, in effetti non cambia nulla. Diventa tuttavia pressoché indispensabile predisporre un protocollo aziendale di prevenzione del rischio da esposizione a soggetti contagiati dal cosiddetto coronavirus. Il DPCM lo “raccomanda”, ma di fatto si tratta della condizione che permette il mantenimento in attività dell’azienda.

Inoltre, per quanto una infezione ubiquitaria quale è il cosiddetto coronavirus non possa essere ritenuto un vero e proprio “rischio lavorativo” nell’ambito non sanitario, la concreta e ragionevole possibilità, come le evidenze epidemiologiche stanno dimostrando, che un lavoratore possa essere contagiato a sua insaputa, anche con totale assenza di sintomi, e che possa quindi venire a trovarsi in ambito lavorativo, viene a configurare, di fatto, un “rischio biologico” per tutti i lavoratori, che il Datore di Lavoro è tenuto a valutare, prevedere e prevenire, ai sensi dell’articolo 28 comma 1 Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81.


 Redazione

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Coronavirus: secondo l’INL il DVR non deve essere revisionato, ma…

In materia di revisione del Documento di Valutazione dei Rischi in relazione all’emergenza coronavirus, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha formulato un proprio parere, ricordando che si tratta, ovviamente, solo di indicazioni rivolte al proprio personale ispettivo, e non di “interpretazioni autentiche” delle Leggi.
Nella nota 13 marzo 2020, prot. n. 89 - Adempimenti datoriali - Valutazione rischio emergenza coronavirus, si chiarisce la non necessità di una formale revisione del Documento di Valutazione dei Rischi (confermando il parere della Regione Veneto, e in contrasto con quanto deliberato dalla Regione Emila Romagna). Considerato tuttavia che le aziende devono comunque mettere in atto una serie di misure di sicurezza e di prevenzione, in ottemperanza alla vigente legislazione emergenziale nazionale, l’INL raccomanda che “Per la tracciabilità delle azioni così messe in campo è opportuno che dette misure, pur non originando dalla classica valutazione del rischio tipica del datore di lavoro, vengano raccolte per costituire un'appendice del DVR a dimostrazione di aver agito al meglio, anche al di là dei precetti specifici del Decreto Legislativo 81/2008)”. Si tratta della medesima azione che avevamo raccomandato già nei primi giorni di questa fase di emergenza.


 Redazione
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Verifiche periodiche e simili: proroga al 15 giugno 2020

La situazione emergenziale che stiamo vivendo, con ogni probabilità non permette di rispettare alcune delle scadenze delle cosiddette “verifiche periodiche”: apparecchi di sollevamento, impianti elettrici di messa a terra, estintori, luci e porte di emergenza etc.
In tal senso, la Regione Veneto, con l’ultima revisione (26 marzo 2020) della propria Linea guida “Indicazioni operative per la tutela della salute negli ambienti di lavoro non sanitari” in materia di coronavirus, evidenzia come l’articolo 103 comma 2 Decreto-Legge 17 marzo 2020 n. 18 (cosiddetto Decreto cura Italia) prescriva che “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020”.
Su tale base, la Regione Veneto “ritiene che tale disposizione sia applicabile anche agli adempimenti e alle manutenzioni ordinarie degli impianti e dei presidi di sicurezza negli ambienti di lavoro previste dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, tra le quali rientrano, a titolo esemplificativo e non esaustivo, le verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro di cui all’articolo 71, degli impianti di messa a terra, dei mezzi di sollevamento, la manutenzione di estintori e altri presidi antincendio quali luci di emergenza, porte antincendio, etc.”.
La Linea guida veneta precisa inoltre che “Tali attività sono normalmente realizzate da personale interno specializzato o da personale di ditte esterne, comportando in entrambi i casi lo spostamento di operatori (all’interno di un sito produttivo o tra diversi siti produttivi) in contrasto con le misure restrittive adottate a livello nazionale. Pertanto, si ritiene che tali attività, fatte salve situazioni di rischio grave e immediato, possano ragionevolmente essere differite, purché tempestivamente completate al termine dell’emergenza sanitaria”.


 Redazione
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Coronavirus: per il comparto autotrasporti, la Linea guida MIT

In materia di prevenzione del rischio di contagio da coronavirus nel comparto trasporti, merci e passeggeri, segnaliamo la Linea guida del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT), con una serie di misure di sicurezza e di prevenzione, per i vari settori del comparto “traporto”:
•    trasporto aereo;
•    autotrasporto merci;
•    trasporto persone su gomma e ferro;
•    trasporto marittimo.


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